Il Gentleman dei motori: Maserati, Ferrari, Lamborghini – 2

Ferrari 166 MM 2000 cc

Autofficina Sauro, gli indimenticabili incontri

– Ferrari a parte, su quali auto ha lavorato?

– Bè, le Maserati e le OSCA sono le auto su cui di fatto ho iniziato a mettere le mani… ho anche conosciuto il signor Ernesto Maserati, sa? In realtà non solo lui, ma un po’ tutta la famiglia. Alfieri Maserati, l’ingegnere, il figlio di Ernesto (per esempio)… siamo coetanei, ma lui è più minuto e anche più giovanile di me. Abita a Torino.

Quando eravamo ragazzi, lui è partito ed è andato negli Stati Uniti a studiare, ci siamo rivisti dopo, in età adulta e ora viene spesso qui in officina . Diciamo che è in pensione anche lui, ma so che viene invitato spesso in giro per il mondo, quando ci sono delle mostre o delle rievocazioni Maserati. Sono auto più apprezzate all’estero che qui.

– La Maserati è di Bologna, vero?

– Sì, è bolognese nel cuore: è nata proprio in centro… qui vicino, a 200 metri, a Ponte Vecchio ci sono ancora i vecchi capannoni. Oggi c’è dentro un falegname. L’ingegnere Maserati, non si ricordava dove si trovassero i capannoni, così un giorno l’ho accompagnato io e si è messo a parlare con il falegname. L’ho sentito che diceva tra sé e sé: “Sì sì, ecco le finestre che corrispondono alle mie fotografie…”

– Altre auto…?

– Agli inizi e per diversi anni abbiamo seguito la Tecno…

 

 

Erano costruttori di go-kart quando hanno iniziato la loro attività, ma Luciano Pederzani, il titolare, un giorno vide qua in officina una Formula 3 e pensò: “Non c’entra nulla con il go-kart, ma in fondo chi va in F1 va anche in go-kart: è una macchina che appartiene allo stesso settore”. Così disse al mio socio: “ Vuoi che io non sia capace di fare una macchina così?”. Sauro gli propose di andare a vedere il circuito del Garda nel fine settimana, giusto per farsi un’idea. Detto fatto, andammo tutti e tre. Pederzani cominciò a osservare un po’ tutte le macchine e quando tornò si mise al lavoro e fece la prima Tecno con la collaborazione di Carlo Facetti. Debuttò al Mugello e vinse… fu un gran successo e iniziò ad andare in produzione perché avevano delle richieste… Carlo Facetti lo fece più che altro come appassionato, come amico… non era interessato a fare il pilota della Tecno. Io e Sauro eravamo amici di Clay Regazzoni e lo invitammo.

 

Clay, con la Tecno, vinse l’Europeo e il Commendatore ci telefonò per incontrarlo. Fu il mio socio, Sauro, ad accompagnarlo e presentarlo a Enzo Ferrari, gli fece provare l’auto e gli fece il contratto… così divenne pilota ufficiale Ferrari.

– Certo che ne avrà fatti parecchi, di incontri interessanti… Piloti, per esempio.

– Eh sì. Qui veniva anche Manuel Fangio, giusto per citarne uno.

– Fangio? Lo ha conosciuto qui, in officina?

– No, Manuel Fangio l’avevo conosciuto quando lavoravo all’O.S.C.A. perché ero amico dei Maserati. Veniva spesso in officina da Pasqualino, dove lavoravo. Si portava sempre dietro un seguito di ex piloti della Turismo de Carretera, le corse su strada.

– E com’era? Come se lo ricorda?

– Era molto socievole. Mi ricordo un aneddoto… Fangio arrivò una volta mentre stavo smerigliando delle valvole in una testata ed era appena uscita una macchinetta automatica. A smerigliare le valvole, senza attrezzature, bisogna fare sempre un movimento con le mani, così… questa macchinetta invece lo faceva con un congegno pneumatico. C’era una ventosa che si attaccava alla valvola e poi si schiacciava il bottoncino e la macchina smerigliava.

 

 

Fangio arrivò in officina mentre stavo facendo questo lavoro e disse “Cosa stai facendo?” e io “Sto smerigliando le valvole, Manuel”. Lui: “E questo dove l’hai preso?”. Io: “Qui, da una ditta di accessori per il lavoro”. Ci pensò su giusto due secondi e poi mi domandò, a bruciapelo: “Possiamo andare a prenderne uno?”. Lo accompagnai e non le dico quando entrammo in quel magazzino e lo riconobbero… doveva vederli, come venivano fuori tutti. Sono uscite anche le pulci! Fangio ne acquistò uno e io gli dissi “Ma tu non lavori, che ci fai con questo?”. E lui: “Luciano, questo io lo faccio smontare tutto e poi lo produco in Argentina”. Capito? Aveva un’intelligenza…!

– Qualche altro personaggio di spicco che ha conosciuto?

– L’Avvocato Agnelli.

 

 

Con lui non ho mai avuto rapporti di lavoro. Mi ha fatto molto piacere conoscerlo, parlava in modo semplice: non mi metteva mai in imbarazzo. Ho restaurato la sua prima Ferrari, una 166 Barchetta Touring, e quando hanno organizzato una festa per il 40° della Ferrari a Roma, allo stadio dei Marmi, l’auto è stata esposta.

 

 

Al mattino dell’evento, lui arrivò e si fermò lì da me. Guardava la macchina con attenzione. Io l’avevo restaurata per il mio cliente Belga, (ndr: Rizzoli l’aveva restaurata per la Scuderia Francochamps). Con la mia mazzetta, ero lì che cercavo di sentire le ruote, per capire se erano tutte strette e tutto a posto. L’Avvocato allora mi disse: “Ma guardi che io la lasciavo in strada senza troppi riguardi, anche se pioveva.” Gli avevo risposto semplicemente che i tempi erano cambiati, senza aggiungere che quella macchina era stata la sua e quindi aveva acquisito tutt’altro valore. L’ho incontrato un’altra volta alla 1000Miglia, mentre ero con la Ferrari 340 della famiglia Segafredo.

 

 

L’Avvocato arrivò con un altro signore molto elegante e si avvicinò alla macchina chiedendomi di chi fosse. E io: “Il primo proprietario è stato Tom Cole, l’Americano di Parigi”. Lui si mise a ridere e mi disse “Ah, un mio grande amico!”. Tom Cole perse poi la vita in un incidente a Le Mans. Questa Ferrari 340, tra l’altro, l’ho ancora in giro: l’abbiamo riportata alle origini…

Luciano Rizzoli continua a raccontare, inarrestabile. Il ricordo diventa fiume: è un flusso continuo.

– Luca Cordero di Montezemolo, invece, non è solo una conoscenza ma proprio un amico di vecchia data.

Lui da ragazzo era sempre in officina qui da noi, perché i suoi nonni abitavano sulle colline. Era appassionato di motori anche da giovane: correva con la Fiat 500, con Cristiano Rattazzi, figlio della signora Susanna Agnelli… facevano le corse in salita. È venuto a trovarmi anche qualche settimana fa e mi ha portato la Ferrari che l’Avvocato Agnelli gli aveva regalato per le sue nozze: una Ferrari Pinin Farina, unico esemplare.

Quando è entrato mi ha detto “Luciano, sono commosso”. Io gli ho risposto: “Non ti chiamo più presidente, ora, ti chiamo Luca”. E poi gli ho ricordato i vecchi tempi “Mi ricordo ancora, sai, quando con la 500 ti fermavi in cortile e mi portavi via il cacciavite e la chiave per smontare la marmitta”. Aveva sempre la marmitta in mano, ai tempi… non so cosa ci facesse: la cambiava, ne metteva su una e poi toglieva l’altra. Faceva tutto lui! A un certo punto, mentre ricordavamo il passato, Luca mi ha detto: “Mah Luciano, che bei tempi!”. E io: “Va là, Luca… sono stati belli anche quelli dopo per te!”. E lui, giù a ridere di gusto…

 

 

– Facciamo un passo indietro. Si iniziava già a parlare di auto d’epoca e di restauro, allora?

– No, ai tempi non trattavamo ancora auto storiche. Qualcuna, però, iniziava già a circolare perché Inglesi, Americani e Francesi raccoglievano le prime Ferrari del ‘47-’48. E pensi che allora, noi gli ridevamo dietro! Gli appassionati, Italiani, sono sempre esistiti, specialmente per le Balilla e le vecchie Alfa Romeo, ma non per le Ferrari. Pian piano, però, la passione per le auto d’epoca è arrivata anche qui da noi.

C’è stato anche un periodo speculativo. C’era chi ne comprava due per rivenderne una subito dopo. Un momento triste, perché non parlavi più con l’appassionato che aveva piacere di tenere la sua macchina e di curarla. Nel 1971, quando fu inaugurata la pista di Fiorano, del Museo assolutamente non se ne parlava. Ricordo che fu chiesto al Commendatore come mai lui non conservasse nulla da tenere in un museo. La risposta fu che “se qualcuno voleva fare una passeggiata poteva andare negli USA. Lì c’era il signor James H. Kimberly, Gentleman Jim, che aveva quasi tutto”.

 

 

La fase di restauro vera e propria, io l’ho iniziata alla fine degli anni ‘60 perché un signore di Milano, molto appassionato con una bella collezione di macchine, aveva trovato una Ferrari 166 che qualcuno gli aveva venduto addirittura a metà prezzo. Ecco, da lì in poi è stato come per le ciliegie: una tirava l’altra.

– Avrà conosciuto dei grandi appassionati del settore…

– Sì. Un grande cliente, per esempio, è stato Albert Obrist, un imprenditore svizzero che era diventato collezionista. Un vero appassionato…

 

 

Ci fece restaurare alcune delle sue autovetture: io mi occupavo della meccanica e Fantuzzi della carrozzeria. La cosa che più mi ha colpito di lui è sempre stata la signorilità, una dote davvero rara, che col passare degli anni è stato sempre più difficile trovare. Oggi, poi, è quasi sparita… c’è molta arroganza. Albert Obrist è un collezionista vero, di quelli che venivano a seguire il restauro passo dopo passo. Poi c’era un ristorantino, qui vicino, che gli piaceva da matti e io gli dicevo “Ma sei venuto a vedere il lavoro o a mangiare da Pietro?”. Insomma, non si tratta di un semplice cliente ma di una persona speciale, di quelle con cui negli anni si crea un legame di fiducia e di amicizia. Aveva delle auto straordinarie, la 275 GTB e la 275 GTB/4 Spider NART… le Gran Turismo le ho fatte quasi tutte io.

 

A cura di International Classic, scritto da Martina Fragale

 

Continua a seguire la storia Il Gentleman dei motori – Capitolo 3

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