Lamborghini Miura: l’emozione cattura lo sguardo
– La scelta dell’isolante dipende dal tipo di verniciatura:
Fondo poliuretanico: se si optasse per la verniciatura con lo smalto poliuretanico o per la base opaca e trasparente.
Fondo acrilico: se si proseguisse con una vernice acrilica.
Il fondo, in entrambi i casi, serve per isolare gli strati sottostanti per uno spessore di 30 micron a secco. Cottura a 60° per 1 ora.
Verniciare con l’acrilico richiede puntuali competenze e anni di esperienza. Verniciare con lo smalto poliuretanico, invece, è molto più facile e più economico. Il fascino dell’acrilico non ha rivali, non è possibile raggiungere gli stessi risultati con nessun’altra vernice, a mio parere.
La vernice acrilica ha il più basso residuo a secco (micron) in assoluto e per questo il minore ingombro che aiuta tantissimo anche la fase di montaggio. È facile distinguere i due metodi a colpo d’occhio, osservando la brillantezza. Le vetture prodotte fino gli anni ottanta erano nate in acrilico e se parliamo di originalità… certo se poi discorriamo di costi e resistenza, allora alzo le mani.
La vettura viene assemblata delle sue parti mobili e di tutti quei particolari che vedremo successivamente quando la vettura sarà verniciata.
– Questo pre-montaggio, è l’antipasto del montaggio finale. Deve essere fatto con la massima accuratezza, perché non essendo ancora stata verniciata, se qualcosa si dovesse correggere c’è ancora del margine. È il momento di qualche ritocco: si montano le cromature definitive, le cornici e, nel caso il cromatore avesse mangiato qualche angolo, noi verniciatori ci adattiamo.
Tutti i restauratori eseguono lo stesso iter? No, ciascuno ha la propria metodologia e non tutti fanno due pre-montaggi, per una questione di ore di lavoro.
– Lasciatemelo dire: ci sono dei verniciatori, che anche l’angolo più bello, l’arrotondamento fatto alla perfezione, fanno diventare tutto uniforme per eccesso di vernice, e hai buttato via tutto il lavoro. Saper essere leggeri è questione di esperienza e fa la differenza sul risultato finale.
“Tutto questo, che a parole sembra facile, è un lavoro molto serio e l’errore è costoso. Se si sbagliasse la verniciatura, bisogna fare i conti con i chili di vernice buttati, le ore di lavoro, il costo per rifare tutto…” – Mauro aggiunge – “E la figuraccia? È tua anche quella, e da digerire è pesante”.
– La stesura della vernice? Suggerisco di incrociare le passate, senza formare dei cordoni nei bordi, perché sono antiestetici. Personalmente lavoro focalizzato sull’ottimizzazione del risultato finale. La mia regola di base è: tutto quello che viene bello sotto la pistola, mi agevola e mi fa guadagnare tempo per i successivi passaggi finali della lucidatura!
È una questione di sensibilità, e se pensate che stiamo esagerando queste osservazioni vi faranno cambiare idea.
– Si può usare un diluente lento, che da maggior spazio nella distensione a condizione che uno sia veloce nell’applicazione. Se, invece, con la mano si lavora piano, vuol dire dare più vernice, ma c’è un problema: se l’acrilico rimanesse troppo bagnato, difficilmente asciugherebbe in profondità, perché più aumentano le mani applicate, più l’evaporazione è lenta. Per sua natura la vernice acrilica è una spugna che trattiene il solvente e soltanto il verniciatore può capire in corso d’opera quali intervalli dare nell’applicazione delle mani, che non superano le quattro o massimo cinque. Questo vale per le tinte pastello, mentre per le tinte metallizzate il procedimento è lo stesso, ma cambia la parte finale. Anche in questo caso si usa un diluente lento, ma non troppo, perché se l’acrilico è troppo bagnato, la parte in superficie macchia nei metallizzati. Tutte queste valutazioni le capisci quando hai la pistola in mano: la diluizione che è andata bene quando avevamo 36 o 37 gradi di temperatura, non può andare bene quando ce ne sono 22. L’operatore deve sapere cosa sta succedendo mentre vernicia e sapere cosa fare nei diversi contesti. È facile d’inverno, con il forno si decide a quale temperatura lavorare. Ma d’estate con 37 gradi, devi fare altri conti, trovare le soluzioni. È il monocomponente a decidere quando asciugarsi e non sono opinioni o punti di vista, è un dato di fatto.
– Ciascun verniciatore ha la propria pistola. Ho usato le Devilbiss, ma trovo che sia meglio la mia Sata Jet-H, per la manualità, quell’impugnatura mi rende tutto più facile. Con una pistola identica ho fatto delle vetture che mi hanno riempito di orgoglio, come la Ferrari 275 in acrilico di Tom Hartley.
Sono affezionato ai miei ricordi, così mi sono fatto un regalo e me la sono comprata. Molti penseranno che sono malattie mentali, pazienza! La pistola è nuova di zecca, mai utilizzata, però mi piace così, so di averla.
– A mio avviso il punto tinta deve essere il più fedele possibile alla mazzetta, che è la nostra guida. In passato era possibile anche discostarsi dall’originale, accadeva che il cliente volesse un colore personalizzato, oggigiorno accade raramente.
Nella foto la vettura è stata verniciata in base opaca trasparente, come quello utilizzato per le vetture moderne. In base ai colori utilizzati si devono dare più mani per arrivare a copertura. Faccio un esempio: per il rosso, che fa fatica a coprire, ci vogliono quattro o cinque mani. Il trasparente si passa con una sola volta, solitamente. Se si desidera aumentare la brillantezza, allora, se ne fanno due.
– Se invece della verniciatura in base opaca e trasparente avessimo avuto una verniciatura in acrilico la procedura quale sarebbe stata?
– Fino alla preparazione, tutto è identico. Abbiamo isolato la vettura con l’isolante acrilico. L’acrilico è una vernice composta da resina e pigmento. Nella resina viene diluito il pigmento, che è il colore in basi concentrate. Poi si procede con le diluizioni, ci sono delle scale fisse indicate anche sui barattoli – leggiamo: smalto acrilico termoplastico per carrozzeria rapido appassimento di ottima resistenza agli agenti atmosferici. Viscosità di applicazione 12-13 secondi, Ford 4 – quattro è il foro sotto la coppa Ford, quello che in termini tecnici si chiama viscosimetro. Si decide il tipo di diluente, c’è un codice che indica se lento o normale, in relazione alla temperatura di esercizio.
– Quello che è importante è la viscosità: quanto ci mette a passare la vernice per il viscosimetro. Poi tutto dipende dalla manualità dell’applicatore e dalla temperatura di esercizio. Allora: prendo il barattolo di vernice, faccio la diluizione con il diluente e preparo il mio pigmento come da scheda colore. Si ha tutto l’occorrente per iniziare, si stende la prima mano, la seconda, la terza e la quarta. Devo prestare attenzione a non formare la “barba”, polvere tra una mano e l’altra. Se dovesse accadere mi devo fermare per eliminarla carteggiandola.
– La “barba”, da che cosa può dipendere?
– Dalla distanza della pistola, troppo vicina o lontana. Anche dalla velocità di applicazione, essere troppo lenti o veloci. Dalla temperatura di esercizio. Sono diverse le cause ed è l’operatore che lo deve sapere e decidere cosa fare.
Miscelare i diluenti è uno scandalo? Per molti potrebbe esserlo, ma il mio giocare al piccolo chimico mi ha dato dei risultati.
– La mia regola di stesura è semplice: quattro mani, sempre incrociate. Che cosa vuol dire incrociato? Da destra verso sinistra, dall’alto verso il basso… così si ottimizza la distensione e al tempo stesso le macchie degli aloni si uniformano.
Dopo aver dato le quattro mani ci si ferma: la prima carteggiatura vien fatta con la carta abrasiva a grana 800, la seconda con la 1000, la terza con la 1200… la fase finale si fa con la 2000, è la carteggiatura per il lucido. La carta abrasiva va bagnata e bisogna carteggiare quanto serve… questo mi ricorda il quanto basta degli chef!
– Quante mani si danno e quante volte si ripete?
– L’ideale sarebbe 4 volte: 4 mani per 4 ripetizioni, in totale 16 mani, che significa quattro carteggiate. Ho specificato l’ideale, quindi se ne possono dare anche di più o di meno. Parlo sempre del mio modo di lavorare: quattro mani incrociate delle mie, che potrebbero corrispondere a quasi otto di un altro.
Quello del nostro interlocutore è un curriculum senza sbavature, per restare in tema. Ogni vettura verniciata è stata una scommessa con sé stesso alla ricerca del continuo miglioramento.
– Quante vetture ha verniciato in quaranta anni di lavoro?
– Sono come i capelli che ho in testa, non so. Ho iniziato a fare il verniciatore nel giugno del 1975. La prima vettura che ho verniciato era una Opel Kadett color marrone metallizzato. Quando tornai dal servizio militare andai da Campana e mi fermai per diciannove anni. Nove anni da Franchini e poi la bellissima esperienza da Cremonini. Un numero lo ricordo con precisione: ho verniciato 87 Jalpa Lamborghini. Come dimenticarsele, sono state la mia palestra per la verniciatura in acrilico. Ogni vettura un miglioramento. Un conto è lavorare per far venire sera, un conto è lavorare perché ci tieni.
A fine lucidatura viene protetta tutta la carrozzeria e si procede con la verniciatura di tutte le parti che devono essere di colore nero.
– Non ci devono essere sorprese dopo due pre-montaggi: la perfezione del montaggio finale è il risultato della curva di attenzione prestata ai dettagli durante le fasi precedenti. L’orologio gira… il primo pre-montaggio è stato fatto sulla lamiera nuda, non si hanno dei piani di riferimento con cui confrontarti. Il secondo si è molto vicino al risultato finale, il terzo è il montaggio, quello che completa la vettura.
La fase del montaggio è di grande soddisfazione perché si vede che la vettura comincia a prendere forma ed è pronta per ricevere le parti meccaniche.
Tutte le parti sono state revisionate, trattate, zincate e sono pronte per essere assemblate. L’assemblaggio della meccanica, in questo restauro, è stato seguito da L. Salvioli della Top Motors.
L’impianto elettrico viene ricostruito completamente e le parti elettriche recuperabili restaurate. Il lavoro è stato eseguito da Gatti William Elettrauto.
Dopo 14 mesi di lavoro il restauro è completo e la vettura è pronta per essere consegnata al proprietario.
– Alla Carrozzeria Cremonini Classic, che dal 1986 opera in questo prestigioso settore, si lavora a livello maniacale. Nel passato il metodo era completamente diverso. Il mercato chiedeva altro. Basti pensare che si impegnavano 180/200 ore, oggi andiamo oltre le 750/850, con una Ferrari 275 siamo arrivati a 1000 ore. Se rapportassimo le nostre ore con quelle della Casa Madre saremmo a 1 su 5: noi ne restauriamo una, loro ne fabbricavano 5.
Ha sicuramente trovato la frase che sintetizza questi anni di lavoro dedicati alla verniciatura e al restauro.
– Tanti anni di lavoro si sono ridotti a un ricordo, che deve essere portato avanti con le conoscenze di chi verrà dopo di me. Le conoscenze si evolvono, non possono rimanere in eterno le mie, io sono solo una pedina. Cambiano i prodotti, le normative e ti devi adeguare. La Cremonini Classic, nei dodici anni di collaborazione, mi ha dato la possibilità di crescere e perfezionare le mie competenze. Si è creato un affiatato team di lavoro che ha maturato l’esperienza per diventare un punto di riferimento importante in questo settore.
– La vettura esemplare, il restauro perfetto?
– La soddisfazione di questi anni di lavoro è espressa totalmente nel risultato e la Ferrari 275 di Tom Hartley è l’apice della meticolosità del restauro. Sono partito da un barattolo originale Salchi di grigio ferro e il quantitativo necessario per ultimare la verniciatura l’ho sviluppato in autonomia… arrivare al risultato finale è stato un piacere. Questa Ferrari ha un livello qualitativo altissimo e ne sono molto orgoglioso. Colgo l’occasione per ringraziare il collega Davide che mi ha aiutato nella riuscita del risultato.
– Alcuni passaggi che ho descritto sopra a parole, sono visibili nel video fatto dal signor Tom Hartley Jr per il restauro della meravigliosa Ferrari 275. Avete 58 secondi di tempo e Instagram? Eccolo Instagram… e buona visione! Se avete più tempo vi consiglio anche il video completo che troverete sul profilo Youtube di Tom Hartley Jnr.
Il signor Mauro è curioso e vorrebbe allargare i confini della sua competenza. Gli piacerebbe confrontarsi con restauratori esteri, che hanno altri metodi di lavoro. Vuole osservare, conoscere, imparare… “Me la sento di confrontarmi con chiunque. Lo dico con la sicurezza di saper fare il mio lavoro, non con la presunzione di sentirmi il migliore, perché potrei anche essere peggiore”.
Per il momento è docente di verniciatura nel corso di formazione tecnica superiore per “Restauratore di carrozzeria d’epoca”, promosso dai Dipartimenti degli Studi di Modena e Reggio Emilia e Ferrara, patrocinato dall’Automotoclub Storico Italiano.
A nostro avviso molti aspetti collegano il restauro all’arte della calligrafia cinese. Non parliamo della scrittura comune, ma quella che i giapponesi chiamano shodō, la “via della scrittura”. Quella che, secondo il senso confuciano, è uno strumento artistico per l’educazione morale. Il calligrafo impugna il pennello intinto d’inchiostro, egli deve conoscere gli elementi a sua disposizione e deve “osservare” se stesso. Deve conoscere la tecnica, la struttura dei caratteri ma deve anche essere in grado di cogliere lo slancio. La pratica di quest’arte, richiede un impegno costante e, attraverso il perfezionamento tecnico, può assumere le caratteristiche di un percorso che conduce a un affinamento della sensibilità e il perfezionamento del sé. Disciplina.
Ringraziamo il signor Mauro Barbieri per la lezione, la Carrozzeria Cremonini Classic per la disponibilità nel fornirci l’archivio delle immagini e il fotografo Angelo Rosa per il contributo fotografico.
A cura di International Classic
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Le mani sapienti e il restauro – Capitolo 1
Le mani sapienti e il restauro – Capitolo 2