Fiat 500: aspettando l’estate

Non è mai stata solo un’automobile

“Quale canzone avrebbe scelto Rosa per questa gita in campagna?” Mi domando con la testa all’insù guardando il cielo terso fuori dal tettuccio. Sorrido e penso a lei, Zia Rosa, una donna bella e spumeggiante. Portava sempre con sé un fazzoletto nero profumato alla violetta con delle rose rosse ricamate, lo avrà conservato? Era sempre all’ultima moda e guidava la sua Fiat 500 a tutta velocità, come se fosse un pilota. Lei affondava il piede sul freno e il mio respiro si fermava, ma l’auto non voleva saperne, i freni si sa, non sono il punto di forza del rombante veicolo.
Sfrecciava a tutta birra e nelle curve sembrava di decollare, solo lei sa come faceva a non uscire di strada con quello sterzo che anche in linea retta ha bisogno di piccole correzioni.
Una folata di ricordi mi investe mentre sono seduta al volante della Fiat 500.

 

 

Accendo il quadro, alzo la levetta dell’aria posta tra i sedili e sollevo quella accanto. Dopo qualche singhiozzo i 18 cv alle mie spalle mi rispondono vivacemente.

 

 

Ingrano la prima e sento una voce rimbombare che mi ricorda la “doppietta””. La Fiat 500, in tutte le sue versioni, è nota per il classico cambio non sincronizzato che richiede un’astuzia per consentire agli ingranaggi di innestarsi correttamente e non sentire quello sgradevole crack. Un gioco di piede, facile a salire, ma quando devo scalare crack crack crack. Che grattate, meglio fermarsi e ricordare le lezioni: con la punta del piede devo frenare dolcemente, premere la frizione per mettere in folle, rialzarla, e quasi contemporaneamente dare un colpo di acceleratore, per allineare i giri del motore a quelli della marcia inferiore. Ora devo premere per la seconda volta la frizione e s’ingrana il rapporto. Bisogna essere delicati è un gioco di punta e tacco come in un ballo.

 

 

D’estate, terminata la scuola, facevo da navigatrice e compagna di viaggio alla zia. Abbassavamo i finestrini e aprivamo il tettuccio per creare un vortice d’aria di sopravvivenza che scarmigliava i lunghi capelli rossi di Rosa. Facevamo chilometri a suon di canzoni, Fidenza-Milano, Fidenza-Padova e, pensate che viaggione, Fidenza Aosta.
La memoria è fatta un po’ così, non si ricorda della noia, del caldo e quei sedili in sky che basta la parola per avere la camicia bagnata che si incolla al sedile.

 

 

La Fiat 500 ha conquistato milioni di cuori in tutto il mondo ed è indiscutibile che sia la vettura che vanta il titolo assoluto dell’”auto più divertente”. Lo ricorda anche l’ingegnere Mauro Forghieri.
Dante Giacosa fu incaricato per la realizzazione di una superutilitaria, destinata a sostituire la Topolino, con caratteristiche e pregi simili alla tanto venduta Fiat 600, ma con un prezzo più accessibile. L’ingegnere nel vagliare la proposta di un giovane impiegato alla Deutsche Fiat bocciò la motorizzazione, ma ne promosse la linea ispirata alle rotondità dell’iconica Maggiolino.

 

La Fiat 500 fu presentata nel luglio del 1957, nel periodo del primo boom economico italiano. La prima versione, denominata N, con i suoi quasi tre metri di lunghezza, 2,97 m, e il suo piccolo motore bicilindrico da 479 cc ebbe un’accoglienza poco calorosa. Le portiere si aprivano controvento, il motore da 13 cv e gli interni troppo spartani non avevano convinto il pubblico. Negli anni successivi la Fiat propose numerose versioni, la Sport, la F, la D e la L introducendo cromature e qualche equipaggiamento in più. Il restyling piacque e le vendite iniziarono a prendere il volo. Con una piccola rotazione di numeri si chiude la produzione, nell’agosto del 1975, con l’ultima versione R.

 

 

La Fiat 500 che sto guidando è la versione L, Lusso, di colore blu con gli interni rossi, totalmente originale e conservata con affetto. Il tettuccio e le cromature mettono in risalto l’auto anche se siamo lontani dagli optional futuristici delle nuove autovetture!

 

 

Fermo l’auto nell’aia di un’incantevole cascina e la osservo dal portico. Sarà la luce del tramonto o l’imprinting di un’icona simbolo dell’italianità, ma devo riconoscere che la sua piacevole forma arrotondata le dona fascino e charme nella sua disinvolta essenzialità. In un solo colpo d’occhio si può cogliere l’identità spiritosa che la contraddistingue.

 

 

Ha spento settanta candeline nel 2017 e nella sua carriera ha collezionato titoli prestigiosi come la vittoria del Compasso d’oro nel 1959 ed ancora, dal compimento dei suoi 60 anni, il cinquino nella versione L ha l’onore di far parte della galleria permanente del MoMA di New York. La frase di Francois Olivier calza a pennello“ Non è mai stata solo un’automobile”.

 

 

Con una lentezza voluta e dovuta, scorrazzo tra i campi con le pannocchie rigonfie, pronte da mettere sulle braci. I caldi colori del tramonto mi regalano la scena ideale per salutare la mia dolce compagna.
…Ora chiamo la zia, come faceva la canzone?

 

 

Fotografie a cura di Tommaso Ferrari per International Classic © 2018